Re-imparare a sentire
Sentire. Il sentire, e non parlo dell’udire con le orecchie, ma del percepire, è il nostro magnifico sistema di navigazione che ci permette di essere nel mondo e gestire la nostra esperienza di vita. Senza un’automatica e dettagliata sensazione istintiva di pericolo o di sicurezza non riusciremo a sopravvivere nella frastagliata gamma di esperienze pericolose o sicure che affrontiamo ogni giorno.
I nostri sensi raccolgono costantemente dettagli che vengono elaborati dal cervello e motivano le nostre reazioni istintive. Percepire è naturale, fondamentale ed essenziale per la nostra sopravvivenza fisica e per la nostra evoluzione spirituale. Quando siamo piccoli il sistema di percezione innato è la nostra ancora di salvezza e anche il primo livello attraverso cui incominciamo a reagire.
Ma poi le cose si complicano quando comincia ad entrare in gioco l’interpretazione, quando cominciamo a ricevere definizioni rispetto al sentire e a catalogare il nostro sentire. Se fossimo educati a interpretare da soli le nostre percezioni, ad imparare a padroneggiare la diversa vibrazione ed energia delle nostre emozioni noi cresceremmo con una naturale e solida fiducia in noi stessi e nella nostra capacità di leggere e fronteggiare le nostre esperienze, invece la maggior parte di noi è cresciuta assorbendo le interpretazioni del sentire fornite dagli adulti intorno a noi, cariche della loro storia personale e di tutto ciò che anche essi avevano a loro volta ricevuto. Di generazione in generazione abbiamo inconsapevolmente assorbito modi di pensare, credenze, reazioni che appartenevamo ad altri, ma che sono, de facto, entrati nella nostra storia personale, come il cibo con il quale siamo stati nutriti.
E tutto si è “sporcato”. Ci siamo abituati ad interpretare e pensare come la nostra famiglia interpretava e pensava, come la scuola, la cultura, la religione, la società ci invitava ad interpretare e pensare. Ci siamo omologati al sistema di riferimento e chi si è ribellato, ha poi abbracciato altri sistemi di riferimento, perché una delle paure istintive più grosse dell’essere umano è l’isolamento. Abbiamo bisogno di sentirci accolti, confortati, abbracciati dalla protezione della famiglia, della tribù, del gruppo e cosi ci omologhiamo facilmente. Abbiamo paura del rifiuto, del rimanere soli contro tutti.
Ma se nell’infanzia la solitudine è una questione di sopravvivenza, nella nostra maturità la capacità di fidarsi di noi stessi e delle nostre percezioni e quindi anche camminare da soli è una benedizione e la chiave evolutiva più potente che abbiamo.
Ognuno di noi è dotato di un sistema corpo-mente-spirito perfetto, ogni parte ha le sue funzioni, ma questi tre aspetti fanno gioco di squadra e, solo quando sono in equilibrio tra loro, producono i risultati migliori.
“Mens sana in corpore sano” dicevano gli antichi. Ed è vero, la mente funziona meglio quando il corpo non è malato e sofferente, quando l’energia vitale scorre fluida in ogni organo e tessuto, ma vale anche il contrario, e questa verità sta venendo prorompentemente a galla ai giorni nostri, i nostri pensieri, la nostra mentalità o struttura mentale, determinano la salute del nostro corpo. Le ossessioni verso le malattie creano la malattia stessa, i blocchi energetici relativi alle ferite emozionali alterano la circolazione del flusso vitale di energia che nutre gli organi e li priva della salute, le interpretazioni che abbiamo dato e diamo alle nostre esperienze influenzano il nostro benessere. E la nostra coscienza energetico-spirituale è l’ago della bilancia che ha il potere di ribaltare completamente il gioco. L’energia o meglio la luce individualizzata dello spirito è la matrice che informa l’aspetto fisico. Quando siamo consapevoli e connessi alla nostra identità energetico-spirituale diventiamo nuovamente capaci dell’autoguarigione, un potere che ci appartiene da sempre. Ma prima dobbiamo capire come gestire il corpo-mente che si gongola nel suo ruolo da protagonista attraverso l’ego.
L’ego o personalità è tutto ciò che abbiamo imparato ad essere e che ci impedisce di essere pienamente chi siamo, perché è il prodotto di una coscienza limitata, influenzata dalla storia delle nostre esperienze e dalle interpretazioni che abbiamo accolto e fatto nostre. L’ego è solo uno dei tanti modi in cui potremmo essere, ma quando si arroga il diritto di rappresentarci lo fa attraverso le innumerevoli credenze (che non sono verità, ma semplicemente opinioni condivise) e le innumerevoli ferite di cui ci gloriamo, perché ci garantiscono l’attenzione degli altri. L’ego è la vittima (e noi con lui) del roller-coaster quotidiano delle emozioni. Un momento qui, un momento là, a seconda di ciò che succede fuori di noi e a cui diamo il potere di influenzarci…
Quando finalmente siamo capaci di vedere chiaramente tutto questo è perché il nostro spirito si è stufato di giocare nel box in cui l’ego ha confinato la nostra vita, e finalmente decide di istigarci ad allargare gli orizzonti, mettere le cose nel giusto ordine, comprendere chi è il direttore d’orchestra e quali sono tutti gli strumenti che interpretano la sinfonia. E allora ritorna l’importanza del pulire il nostro sentire, di capire cosa sono le emozioni, quali informazioni racchiudono per noi, e comprendiamo una cosa che ci è sfuggita fin dall’inizio: non ci sono emozioni da evitare o buttare. Ogni esperienza ed ogni percezione che genera ha valore perché ci permette di approfondire, studiare, capire e comprendere il potere del nostro libero arbitrio, il potere delle nostre scelte.
Ed eccoci qui allora, in un modo semplice ed elegante ora lo vediamo chiaramente: i sentimenti e le emozioni sono molto più di ciò che credevamo. Sono strumenti magici, un GPS potente, uno strumento davvero speciale per la nostra evoluzione umana e spirituale.
(pic credits Robert Collins for Unsplash)
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