Il potere catartico del teatro
Rifletto molto in questo periodo. E più vado in profondità dentro me stessa, più riesco a comprendere la complessità e la meraviglia della vita. Ora mi diventa sempre più semplice osservarmi con più distacco, cogliere la natura delle mie reazioni, comprendere la trama delle mie aspirazioni e scelte che sono connesse da un filo rosso, una storia nascosta. Sono davvero tanti i momenti di chiarezza che sperimento, come se si aprissero finestre piene di luce.
Il grande “shift” che ha rimesso tutto in ordine è stato il comprendere che la mia identità non corrisponde al mio corpo e ai miei pensieri. Questo mi ha permesso di cominciare ad osservarmi e guardarmi come se stessi guardando e osservando un personaggio dentro un film o sul palco di un teatro. E questa analogia dello spettacolo interpretato da una parte di me, funziona benissimo nel permettermi di svincolarmi dal ripetere le cose sempre nello stesso modo, perché mi permette di perfezionarmi, introdurre variazioni, propormi in maniera costantemente nuova. E’ come se mi permettessi ogni giorno di recitare i miei ruoli sempre meglio.
Questa analogia è preziosa anche in un’altra direzione: nell’analisi delle cose fuori di me, nell’interpretazione di ciò che sta succedendo e nell’attribuire valore a ciò che sta succedendo. Siamo sul palco di un’enorme tragedia, ma se comprendiamo il valore della tragedia come lo stesso Aristotele ci guidava a vedere, comprendiamo che il suo profondo significato è la catarsi, la purificazione. Nel vedere proiettate sul palco le nostre emozioni, le nostre difficoltà, le nostre macchinazioni e contorsioni interiori noi abbiamo la possibilità di diventare consapevoli e fare scelte diverse.
La terra si è prestata per secoli ad essere il nostro palco, dove abbiamo sperimentato in forma fisica la rappresentazione della magnificenza e del profondo orrore di tutto lo spettro di emozioni possibili. Tutto quello che la nostra mente e il nostro corpo possono produrre in termini di pensieri e di emozioni è ora palesemente rappresentato di fronte ai nostri occhi. In una maniera cosi netta ed indelebile da non poter più essere né taciuto, né nascosto. La grandezza del nostro malessere collettivo ha generato uno scenario estremo come quello che stiamo sperimentando per permetterci di capire finalmente e fare scelte diverse.
Siamo tornati ad un punto in cui non diamo più per scontati i nostri veri bisogni: muovere i nostri corpi all’aria aperta, incontrare gli altri, socializzare, scambiare gesti di affetto, esplorare il nostro mondo attraverso i viaggi per imparare e nutrire la nostra curiosità. I nostril figli scalpitano perché vogliono uscire, incontrare i compagni, giocare all’aria aperta, hanno addirittura voglia di andare a scuola (!).
Cosa ci racconta tutto questo? Che la nuova società di cui abbiamo desiderio e bisogno è una società a misura d’uomo, non solo più digitale e tecnologica. Dobbiamo ricominciare da noi, dal senso di condivisione e comunità, dal senso di rispetto, dalla lentezza di andare a piedi, dal piacere di giornate in cui il lavoro non diventa la sola cosa che domina le nostre giornate. La nostra voce si deve alzare ora non per schierarsi in questo gioco al massacro di polarità in cui siamo immersi, ma per gridare a voce unita quali sono i valori che abbiamo trascurato cosi a lungo e verso cui vogliamo tornare, con umiltà e desiderio di costruire qualcosa di meglio rispetto a ciò che i nostri occhi vedono ora.
Non c’è salvezza nel continuare a lottare gli uni contro gli altri, non c’è salvezza nello stabilire chi ha torto o ragione o di chi è la responsabilità di tutto questo. Siamo tutti responsabili. Perché tutti abbiamo alimentato per anni emozioni di risentimento, frustrazione, contrapposizione, lotta, odio, egoismi personali, difesa del nostro piccolo giardino senza curarci del parco comune. Non dobbiamo più accettare di seguire nulla che ci metta gli uni contro gli altri.
Non ti sei ancora accorto come non ci sia verità da nessuna parte? Chi osannava Trump quattro anni fa, ora lo sta demolendo, esattamente come chi supportava Saddam Hussein anni fa, poi ne ha decretato la morte. Non c’è verità in quello che la stampa ci guida a credere, non c’è verità in quello che ci viene chiesto di fare un giorno e poi di non fare più pochi giorni dopo. La strategia della confusione e del caos sta funzionando benissimo per chi non ha ancora compreso le regole del gioco.
E’ un grande teatro.
Guarda che parte stai recitando e chiediti solo se non puoi incominciare a fare di meglio.
(Pic credits Unsplash - Yiran Fu)
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