La Vita come un Gioco
Guarda un bambino piccolo che gioca. Osserva l’intensità con cui è immerso nella sua esperienza: è totalmente presente, perché sta scoprendo, sta imparando qualcosa di nuovo. Se lo guardi ancora per un po’, noterai che ha già cambiato focus e interesse.
Non c’è attaccamento in ciò che fa: si immerge nel piacere, poi lascia andare, pronto a tuffarsi in qualcos’altro che ora ha catturato la sua attenzione.
È ancora libero dalla malia del possedere, del trattenere, del “fare suo” un oggetto o un’esperienza. Esplora senza identificarsi con un ruolo preciso, entra ed esce dai suoi personaggi senza alcun limite.
“Se non diventerete come bambini, non entrerete nel Regno dei Cieli.”
Questa celebre citazione evangelica si potrebbe tradurre così: “Se non perderete l’identificazione con i ruoli che interpretate, resterete impigliati nelle maglie del gioco.”
Il nostro bisogno di identificazione, controllo e sicurezza è forse il più grande ostacolo alla nostra evoluzione animica. Lo so: in questa vita fisica che ci appare così intensa, spigolosa e spesso anche drammatica, cerchiamo la rassicurazione dei ruoli e dei posti che occupiamo nello schema del gioco per sentirci bene e al sicuro.
Ma quando prendiamo le cose troppo sul serio, fino al punto da farci ammalare; quando rimaniamo incastrati nelle nostre reazioni emotive di fronte alle esperienze che viviamo… allora cominciamo a girare in tondo, senza più avanzare.
È il famoso loop del karma, che rallenta la nostra espansione.
Nel dare potere ai ruoli e agli oggetti che li definiscono, entriamo nella spirale dell’accumulo e dell’attaccamento: il bisogno di fare per dimostrare il nostro valore, l’importanza del risultato per sentirci degni di amore e attenzione.
Ed è lì che perdiamo.
Perdiamo noi stessi, e il vero senso della nostra esperienza fisica: il godere dell’esperienza, l’apprendimento in ogni singolo istante, lo stupore del nuovo, il fluire libero che ci permette di esprimere e manifestare il talento unico che ci abita.
“Quando impareremo a non identificarci con il personaggio, sbaraglieremo paura ed egoismo.” (Massimo Citro Della Riva)
Imparare a fare per il puro piacere di farlo. Senza legarci al risultato, senza la necessità di dimostrare qualcosa.
Come fanno i bambini.
Nessun attaccamento, nessuna dipendenza, nessuna aspettativa.
Perché sono proprio le aspettative a creare le delusioni più grandi. Non sono mai le esperienze o le persone a deluderci: siamo noi a deluderci, perché avevamo costruito un’illusoria aspettativa, e ciò che accade non corrisponde a quella proiezione.
Le emozioni che proviamo ci appartengono completamente, e sono allineate con ciò che la nostra mente ha immaginato, non necessariamente con ciò che è realmente accaduto.
Se riesci a vivere senza dipendenze né aspettative, sei nel famoso “qui e ora” di cui parlano tutti i filosofi: l’unico istante davvero infinito ed eterno, in cui puoi gustare la vita nella sua pienezza, con tutti i tuoi sensi, fisici e sottili.
Non è facile, lo so. Ma diventa più semplice quando la tua consapevolezza si apre alla possibilità di non essere solo ciò che i tuoi occhi vedono allo specchio.
E quando il tuo cuore riesce a colmarsi semplicemente contemplando, o immaginando qualcosa, senza bisogno di fare nulla… allora, proprio lì, in quell’istante di sospensione, stai toccando con mano le vere regole del Gioco.
E allora, forse, vivere davvero non significa “vincere” il gioco, ma ricordarsi che si sta giocando.
Ridere, cadere, rialzarsi, sbagliare, creare, amare, senza più la paura di perdere.
Perché nulla si perde davvero quando si è presenti, liberi, vivi.
Ogni esperienza, anche la più semplice, diventa una tessera preziosa di questo straordinario mosaico che chiamiamo vita.
Il bambino dentro di te lo sa. Non ha bisogno di spiegazioni, né di garanzie.
Ha solo bisogno che tu lo lasci tornare a giocare.
(pic courtesy Unsplah - Fermin Rodriguez Penelas)
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